Pordenone città aperta (ai Blogger)
Pordenone città aperta è un pessimo modo di iniziare un articolo di costume-divulgazione su Pordenonelegge. Ma è, a pensarci bene, un modo rispondente e letterale.
Sono ormai un ospite fisso della manifestazione che si tiene in questa cittadina graziosa, tranquilla e fuori dalle rotte (diciamoci la verità: a parte Udine e Venezia, Pordenone è praticamente lontana da tutto): lì mi sono successe cose molto belle e anche cose meno piacevoli (un cellulare e due e-book reader rotti, per esempio). Ma è e rimane il festival letterario a cui partecipo più volentieri, e il successo crescente (quest´anno 150.000 visitatori, nuovo record) mi fa sentire confermato nella mia scelta.
Aperta perché non si svolge negli spazi di un impianto fieristico, perché – differentemente da Mantova – non contempla prenotazioni o biglietti. Consente quindi, entro certi limiti, di programmare la propria visita con una certa flessibilità, di respirare aria buona tra una presentazione e l´altra, di mangiare e bere bene lontani da hot dog, piadine, panini autostradali e birre alla spina in bicchieri di plastica.
Già nel 2014 Pordenonelegge si mostrava molto democratica per quanto riguarda un trend che poi ha coinvolto anche altre manifestazioni: ovvero una sostanziale “orizzontalità” del trattamento dei diversi mezzi stampa – in senso ampio; per dirla in parole meno pretenziose: tendenziale parità di diritti per stampa vera e Blogger. Uguale accesso alle aree stampa (quest´anno notevolmente migliorate, peraltro con caffè e dolcetti gratis – che non guasta mai e fidelizza), prelazione nell´ingresso alle sale (senza garanzia di posto a sedere), uguali diritti nell´accedere agli incontri stampa con gli autori. Il tutto subordinato a un obolo di 10 euro – immagino con significato deterrente per i “perditempo”. Se questo scocci ai rappresentanti della stampa ufficiale non so, né ho prove in merito, né mai ho visto qualcuno che mi guardasse con condiscendenza o fastidio. Ma non vuol dire, io di solito giro con la faccia convinta e magari qualcuno vedendo il pass “STAMPA” mi scambia per un vero giornalista.
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Ma approfondiamo il discorso: la tendenziale parità di diritti di cui sopra indirizza a sua volta a una tendenziale parità di valore tra critica ufficiale e cosiddetti Lit-blog? Nel fatto che questi ultimi assumano importanza e influenza, almeno nella percezione (dati non ce ne sono, e nella vischiosità del commercio librario forse non ce ne saranno mai di attendibili), vi è scandalo? Uno dice: il critico letterario xy spende anni per prepararsi, laurearsi, fare ricerca, studiare, poi arriva il Tegamini (peraltro la curatrice Francesca Crescentini ha fatto studi umanistici, per cui chiamarla in ballo sarebbe fuori luogo, ma mi piaceva l´idea di dire Tegamini) o il Recensireilmondo di turno e si traveste da maestro di pensiero letterario. Fa domande (pensose) alle conferenze stampa. Recensisce. Sindaca. Nei casi migliori – o peggiori – diventa un temuto, ricercato, influencer.
Ribaltando la questione: ci scandalizza che accanto alla Guida Michelin e al Gambero Rosso vi siano Blog, o semplici utenti abituali di Trip Advisor, che aiutano in buona fede altri utenti a districarsi nella selva di offerte gastronomiche che il nostro mondo-Gourmet-Stret Food-Arancino decomposto propone? O che accanto ai Cracco, vi siano Blog culinari che propongono con competenza e consapevolezza (quando capita) ottime ricette?
Si tratta, credo, di capirsi su alcune premesse:
1) Io ho la percezione che la critica letteraria ufficiale sia sempre meno “militante” e combattiva e sempre più si stia immergendo in una sorta di melassa dove capita di non vedere mai stroncature e/o di arrivare alla fine di una recensione senza aver capito cosa ne pensa realmente l´autore (della recensione stessa). O se il libro valga. Qui ovviamente non sono in discussione le competenze, ma l´atteggiamento. Su richiesta, posso portare esempi settimanali: di capolavori annunciati, di libri necessari, di mezze stroncature trasformate di malavoglia in stiracchiate sufficienze.
2) In questo contesto, credo sia bastevole che il dilettante, il Blogger, resti nel suo, ovvero si presenti come un “lettore” al sincero servizio di altri lettori. Non un critico, ma una sorta di “pari” che prova a fornire una pre-selezione, un orientamento ai propri simili. Come dire: «Provo io per primo poi ti faccio sapere se vale la pena.» Ma qui casca l´inghippo: poiché l´uomo è spesso spinto da motivazioni economiche e/o di auto-gratificazione, anche il Blogger che parte dal basso potrebbe aspirare a un certo punto a essere assoldato dalla stampa ufficiale (esempi: la Lipperini, Maria Anna Patti ovvero @casalettori); o a scrivere un saggio o un romanzo (esempi: la Lipperini stessa, la bravissima Giulia Ciarapica). In altri termini, e senza parlare dei Blog o delle persone appena citate, o meglio, senza voler approfondire il discorso in questa sede, nessuno ci garantisce che la commistione e il conflitto di interessi (compreso il rapporto stretto con quegli editori che ti riforniscono di libri, quindi una certa umana pressione psicologica a – come si direbbe in inglese – not to bite the hand that feeds) non provochi infiltrazioni di melassa anche nel mondo dei Blog. Anzi. E per essere chiari, parlo anche di me stesso.
Serve umiltà quindi? Rispondo con una sorta di ossimoro: serve umiltà nella concezione, nel progetto, e convinzione nello svolgimento. Senza una preparazione specifica, inutile usare paroloni e voler entrare “dalla parte dei critici”. Peraltro sono pochissimi quelli che lo fanno, forse nessuno. Esiste un Blog chiamato Criticaletteraria, che a mio modo di vedere, non necessariamente risponde al proprio nome, avendo una redazione molto allargata, il che risponde alla vocazione di ogni blog o sito: produrre molti contenuti, cosa che a sua volta si sposa poco con un approccio specialistico e referenziato. E questa non suoni come critica.
Dicevo: convinzione nello svolgimento. Vado sull´empirico, avendo un po´analizzato il pubblico del mio e di altri Blog. Il lettore è ricettivo: vuole consigli e non paludamenti, essere indirizzato a non “sbagliare l´acquisto, e non paroloni. Insomma, il Blogger che si metta al suo servizio non è secondo a nessuno. E paradossalmente il supplemento letterario del grande quotidiano, curato da critici, diventa (nella mia esperienza) sempre più uno strumento di lavoro per il Blogger. Un pre-pre-filtro. Un´indicazione. Una conferma. O, a volte, lo confesso, un esempio di come NON si scrive una recensione (mi sono imbattuto in spoiler pazzeschi, in recensioni anche di scrittori/critici eccellenti che consistevano di un semplice riassunto della trama).
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Nota
Sopra ho fatto qualche nome; ne vorrei fare altri ma la verità è che quest´anno ho incontrato pochi Blogger. Forse sono diventato pigro. Forse Pordenone è davvero troppo fuori dalle rotte ufficiali. Forse è un caso. Potrei produrre liste di Blog di cui mi fido e di Blog di cui non mi fido. Per dire Tegamini, di cui parlo sopra, è tanto colorato e puccioso da farmi dimenticare spesso che si parla di libri, e questo non suoni assolutamente come un giudizio sulla competenza di chi lo cura (la verità è che non identificandolo come Blog di libri, non riesco a leggerlo). Siccome a Roma Più Libri Più Liberi o al più tardi al Salone 2020 immagino incontrerò più colleghi, mi riservo di fare altri nomi.
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Finale col botto (eh eh eh)
Da Pordenone-città-aperta ho un po´ spaziato nel mondo delle mie idee e percezioni; a Pordenone vivi in uno spazio sospeso dove il pass-Stampa ti fa pass-are in poco tempo dalle stelle (ingresso separato agli incontri più affollati, caffè e dolcetti in sala stampa, vedi sopra) alle stalle (signore che ti chiedono dove trovare i servizi, i cessi, insomma). Ti trovi in un mondo dove dividi il tavolo con giornalisti veri e autori veri e ti capita anche di essere preso sul serio se commenti i recenti sviluppi editoriali con il libro-che-parla-di-corna (no, non Fedeltà di Missiroli, l’altro).
Ti capita che un´amica saluti caldamente qualcuno che passa per strada, tu chiedi «chi è» e lei: “Ma come, è De Giovanni!» La disintermediazione è in corso, i blogger-cavallette invadono le sale stampa occupando spazi e sgranocchiando biscotti al cioccolato una volta riservati ai giornalisti professionisti. Nella mia bolla, a difendere la purezza e la diversità del critico-vero è rimasta, secondo la mia modesta percezione, solo Gilda Policastro, e per me fa anche bene. Nel frattempo, aspetto di potermi accreditare per Più Libri Più Liberi. Il pass stampa, alla fine, crea assuefazione.
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Fotografia di Adriano Padua, per gentile concessione dell’autore. Adriano Padua è nato a Ragusa nel 1978. Ha pubblicato le seguenti opere: Le Parole Cadute (d’if, 2009), Alfabeto provvisorio delle cose (Arcipelago, 2010), La presenza del vedere (Polimata, 2010), Schema (d’if, 2012), Still Life (Miraggi, 2017). Come performer ha partecipato ai maggiori festival e appuntamenti nazionali di poesia (Romapoesia, Parmapoesia, Absolute Poetry di Monfalcone, Festival della poesia civile di Vercelli, Poesia Presente di Milano, Notte Bianca di Roma, RicercaBo di Bologna). Laureato in sociologia della letteratura, ex giornalista, lavora nel campo della comunicazione e degli eventi culturali. Esegue i suoi testi con la collaborazione di dj e musicisti. Si diletta di fotografia.
Marco Patrone si occupa di sviluppo di prodotti bancari, finanziari e assicurativi in una banca tedesca. Ha però una seconda vita, nella quale si fa chiamare Recensireilmondo e cura l’omonimo blog letterario, tra i più seguiti in Italia. Il suo romanzo d’esordio, Come in una ballata di Tom Petty, è uscito per Transeuropa nel 2015. Un suo racconto è compreso nella raccolta Monaco d’autore, pubblicata per Morellini Editore nel 2016. Il suo ultimo romanzo è Kaiser, uscito per Arkadia nel 2018.
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